E’ ancora incerta la dinamica del terribile incidente

La vittima, 15 anni, era davanti a un portone: il cristallo è crollato

GRAZIA LONGO

Torino

No, stavolta il dolore non si fa pietra. Non è muto. Stavolta la disperazione ha la voce e le urla della mamma e della nonna di Giorgia. La sala d’aspetto del pronto soccorso del Maria Vittoria è grande, ma non abbastanza per contenere l’angoscia di una morte assurda. Giorgia Gallo, 15 anni, è stata colpita dal vetro in frantumi del portone di casa. «Il vetro è esploso all’improvviso» continuano a ripetere gli amici che erano con lei, poco prima delle 18, in corso Cincinnato. Quartiere Vallette, case popolari. «Quel vetro maledetto era già scheggiato» dice una zia. «Le è scoppiato in faccia come una bomba» aggiunge un cugino. Va a capire veramente com’è andata. Di sicuro, almeno per quanto raccontano i testimoni, Giorgia non ha urtato il portone. E neppure lo avrebbe sfiorato mentre giocava con gli amici. La ragazzina, studentessa liceale, era insieme ad altre tre coetanei in attesa di un vicino di casa. Lui scende, mette la mano sul portone, con l’altra schiaccia il pulsante per aprirlo e il vetro cade in frantumi. Giorgia viene investita da una pioggia di schegge. Ce n’è una, nemmeno tanto grande, che si infilza nella giugulare. Le sarà fatale, ma all’inizio è tutto troppo confuso. Troppo incomprensibile. Insensato. Partono le telefonate al 112 e al 118. L’ambulanza corre a velocità folle per le strade, ma per i parenti non è arrivata abbastanza in fretta. «Ha impiegato 20 minuti – accusa il cognato di Giorgia -. Un’eternità». E il 118, in un comunicato, precisa che «non ci sono stati ritardi: i tempi sono perfettamente in linea con quelli necessari nel tardo pomeriggio nell’area urbana». Giorgia arriva all’ospedale Maria Vittoria, il più vicino a corso Cincinnato, in condizioni disperate. I medici fanno il possibile per salvarla. Invano. Ogni tentativo per curarla è inutile. La sala d’aspetto diventa presto l’anticamera di un calvario. Parenti, amici, vicini di casa arrivano alla spicciolata. Una dottoressa è vicina alla madre e alla sorella ventenne di Giorgia (la più piccola, 2 anni, è rimasta con una vicina). Un’altra dottoressa regge il braccio alla nonna. Qualcuno piange, qualcuno si interroga su come sia potuto succedere. «Il vetro è esploso all’improvviso, era impossibile immaginare che potesse succedere una cosa del genere». La tensione e lo sconforto sono alle stelle. Mai come alle 20.45, però. Una dottoressa esce dalla Rianimazione e invita la madre e la sorella a entrare. «Forse Giorgina si è ripresa e vorrà vedere la sua mamma» dice una cugina. Non è così. La verità, crudele e fredda, si palesa con un urlo lunghissimo, straziante, che stringe il cuore. Le grida invadono la stanza, l’agitazione è tanta da richiedere la presenza dei carabinieri. Alcuni parenti inveiscono contro il personale di un’ambulanza davanti al pronto soccorso. I militari, con la delicatezza del caso, cercano di calmare i più sconvolti. I più calmi non smettono di piangere. «Era così bella, non usava un filo di trucco – sussurra una cugina -. Non posso credere che non ci sia più». Tanti volti sconvolti da una pena devastante. Un’unica domanda: perché?